Restituire dignità ad un vitigno autoctono, il Nerello Cappuccio, che sull’Etna viene ormai dato per scontato. É stato questo il focus dell’incontro tenutosi in data 17 giugno presso Enoteca dell’Etna, splendida realtà promotrice della realtà vitivinicola situata nel cuore di Ragalna. Produttori ed addetti ai lavori hanno dibattuto in maniera costruttiva, degustando 9 calici di Nerello Cappuccio in purezza di diverse aziende, dapprima sulle qualità organolettiche del vitigno in questione, e poi da un punto di vista storico, geografico ed economico.
Il primo dei vini in degustazione è stato uno spumante metodo Charmat di Serafica, così vinificato per non stravolgere le qualità organolettiche del vitigno, la cui valorizzazione, secondo l’azienda, é sinonimo anche di valorizzazione del territorio.
Si è passati poi ad un rosato di Tenuta Stagliata, rappresentata da Alfio Nicotra, che per primo ha sollevato i temi tra i più dibattuti della giornata inerenti al Nerello Cappuccio: “Il suo habitat naturale è sul versante sud del Monte Etna, a quote non troppo alte perché necessità di caldo e siccità, motivo per cui negli anni è stato relegato a vitigno gregario e tintore del più noto Nerello Mascalese. Il nerello cappuccio è una grande risorsa per l’arricchimento del ventaglio dei vini Etnei”, ha concluso Alfio Nicotra.
Importante da un punto di vista storico il contributo di Benanti, azienda del primo rosso in degustazione e prima produttrice di Nerello Cappuccio in purezza nel lontano 1998. Benanti lo produce a 900 metri sul livello del mare e sceglie esclusivamente l’acciaio per esaltarne mineralità e spezie. Poi è stato il turno di un vino naturale di Cantina del Malandrino e subito dopo del primo dei rossi vinificati in legno, quello di Calabretta, che sceglie botti di Slavonia nonostante per alcuni dei produttori, essendo un vino etneo, sarebbe stato giusto utilizzare botti di castagno.
Un confronto intenso e costruttivo, che ha toccato i temi più disparati, dal metodo di vinificazione, al terroir etneo, alla “scadente” narrativa del nerello cappuccio, che meriterebbe di essere valorizzato in maniera differente; ai riferimenti storici, geografici ed economici. Si è poi tornati sulla scelta di vinificare il nerello cappuccio in legno, come nel caso di Feudo Viglianisi, che utilizza oltre alle botti anche le barrique per arrotondarne le sensazioni. É intervenuta una guida alpina, estasiata dalla passione dei produttori locali e dai vini che l’Etna offre. Si è discusso del brand Etna, traino importante per l’esportazione dei vini anche all’estero. È stato toccato il tema dell’Etna Doc e della sua perimetrazione, è stato ascoltato il parere di un addetto ai lavori danese, che in perfetto inglese ha ricordato quanto siano importanti eventi come questi per la trasmissione di valori e di sapori.
Si è poi concluso con tecnicismi dell’abbinamento cibo/vino, e se c’è un messaggio che più di tutti è rimasto impresso nella mente e nel cuore dei presenti, é che il Nerello Cappuccio dell’Etna si abbina alla perfezione con il nero di seppia.
É stata una grande giornata, costruttiva per i produttori, ricca di contenuti per gli addetti ai lavori e fortemente attrattiva per chi vuole avvicinarsi all’Etna ed alla sua cultura vitivinicola, che ogni giorno di più ha bisogno di essere tramandata anche grazie ad eventi come questi.
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